Il Campo Profughi Per Siriani In Giordania Si Evolve Come Una Città Fai-da-te
Il campo di Zaatari ospita circa 85.000 rifugiati siriani. I cambiamenti lì riflettono una spinta civilizzante di base verso l’urbanizzazione che avviene anche in luoghi disperati – persone che lasciano il loro marchio. // Credit Adam Ferguson per The New York Times Il campo di Zaatari ospita circa 85.000 rifugiati siriani. I cambiamenti lì riflettono una spinta civilizzante di base verso l’urbanizzazione che avviene anche in luoghi disperati – persone che lasciano il loro marchio. // Credito Adam Ferguson per il New York Times

L’altro giorno un giovane venditore siriano si è fermato dal barbiere di Ahmad Bidawi per farsi la barba. La musica si diffondeva nell’aria ventilata. All’esterno, in quella che è diventata la principale via commerciale qui in uno dei campi profughi più grandi del mondo, i lavoratori guidavano carretti pieni di legname ed elettrodomestici da cucina in mezzo a folle cotte al sole che si aggiravano davanti ai negozi.

La scena non avrebbe potuto sembrare più lontana dal caos oltre il confine da cui il signor Bidawi, come gli altri rifugiati, è fuggito. La Siria è a poche miglia di distanza. Dal campo si sentono i bombardamenti. Un contadino tornato a casa e tuttofare, il signor Bidawi è arrivato qui con sua moglie e i suoi figli un anno fa, solo per vedere la sua figlia più piccola morire nel campo, sopraffatta dai lacrimogeni sparati quando le guardie hanno lottato per sedare una rivolta . Tutti a Zaatari raccontano storie dell’orrore su case distrutte, familiari perduti e brutti momenti nel campo.

Ma ora, a un ritmo sorprendente da vedere, Zaatari sta diventando una città informale: un’improvvisa metropoli fai-da-te di circa 85.000 abitanti con l’emergere di quartieri, gentrificazione, un’economia in crescita e, date le circostanze, qualcosa che si avvicina alla normalità, sebbene ogni rifugiato desideri tornare a casa. C’è persino un’agenzia di viaggi che fornirà un servizio di ritiro all’aeroporto e consegna della pizza, con un sistema di indirizzi per i rifugiati che i funzionari del campo si stanno affrettando a copiare.